Tramonta il sogno del posto fisso, oggi i ragazzi preferiscono sacrificare carriera e stipendio in cambio di più tempo libero
Il lavoro è da onorare, celebrare, ma anche da conquistare e rivendicare secondo la propria sensibilità. Sì perché lavorare non per tutti significa la stessa cosa, da tempo anzi ha smesso di coincidere con la semplice occupazione in cui identificarsi totalmente, quasi fondersi. I ragazzi di oggi sono sempre più alla ricerca, da una parte, di un senso che valorizzi il loro ruolo in azienda, ma, dall’altra, anche di passioni e aspirazioni esterne e del tempo sufficiente per poterle assecondare. Non è un caso allora che persino in Italia, il Paese che per decenni ha basato le proprie politiche del lavoro sull’articolo 18, due occupati su tre vogliano cambiare, segno che i fenomeni della Great Resignation e del quiet quitting sono arrivati anche da noi. … continua a leggere
Giusto ieri sentivo dei colleghi sui 50-60 parlare di questa cosa totalmente, non riuscivano proprio a immedesimarsi nella prospettiva di noi giovani. Dicevano di essere cresciuti con l’idea di doversi sacrificare il più possibile con l’obiettivo di arrivare a prendere più soldi possibile in qualsiasi modo. Ho avuto l’impressione che non sapessero neanche come “mollare la presa” in un certo senso. Ammetto che mi ha fatto tristezza.
@fede @damtux
da adulto confermo questo divario incolmabilesono contento di vedere i giovani rifiutare lavori che, per quanto ben inquadrati/pagati (per le vecchie generazioni), non valgono la pena in termini di tempo/orari per i giovani
il sistema attuale è sbagliato e bravi i giovani che cercano qualità e flessibilità, rompendo gli schemi
viaggiate! vivete in luoghi diversi! cambiate spesso lavoro e stili di vita!
Ho avuto una discussione con mio suocero qualche tempo fa su questo argomento, lui, che è per altro un professionista di grande cultura, diceva che dobbiamo essere ottimisti, con i soliti discorsi “mio nonno faceva 8000km a piedi scalzi tutti i giorni” e che le cose migliorano in continuazione.
Non riescono a capire la nostra mancanza di prospettive positive, ed il nostro rifiuto della schiavitù al lavoro.
cresciuti (loro) in un’altra epoca…con più certezze sul futuro e meno rivoluzioni in atto (tecnologica, ambientale, lavorativa…)
il mondo (e le dinamiche lavorative con esso) è cambiato tantissimo tra le generazioni…in un certo senso loro non possono comprendere a pieno le nostre motivazioni e viceversa… e questo secondo me si accentua tanto più ci sono atteggiamenti di chiusura mentale e non curiosità e voglia sincera di conoscere anche le prospettive e le motivazioni degli altri
Anche i vecchi cambiano punto di vista. Fino a qualche anno fa non avevo mai conosciuto chi lascia il lavoro senza avere una pensione. Rispetto per chi arriva a prendere questa decisione.
Io non ci credo alla stronzata che i vecchi ti raccontano parlando dei loro sacrifici. Tutta goliardia e disperazione nel dare a momenti infelici una sorta di onore. Perché se dopo aver lavorato trent’anni della tua vita ti accorgi che il tuo lavoro non è contato un cazzo e i soldi che hai guadagnato non ti hanno reso libero, difficilmente sarai umile da ammerterlo e si preferirà fare la predica come i preti per sopprimere la tristezza infinita di una vita spesa in modo vuoto e triste.